Una delle domande più
ricorrenti che mi viene rivolta riguarda la scarpa da running. Ci sono tante
teorie al riguardo, io ho la mia, non sono tanto presuntuoso da affermare che
sia la verità assoluta però è la mia verità. Sono arrivato a certe conclusioni
con anni e km di esperienza e ovviamente tanto studio ed approfondimenti sull’argomento.
Potrei far riferimento ai tanti studi scientifici che si sono fatti
sull’argomento, l’ho già fatto in passato, ma ho capito che non serve perché
troppo tecnico e difficilmente comprensibile. Per renderlo più semplice e
comprensibile prenderò spunto dall’ingegneria, si proprio così, come il grande
Leonardo affermò: “Il piede umano è una macchina straordinaria…un
capolavoro d’ingegneria “
Infatti
nel piede ci sono più muscoli ed ossa di tutto il resto del corpo messo
insieme, il suo funzionamento è così straordinario che non esiste nient’altro
di simile in natura.
Per meglio spiegare cosa voglio dire prendo ad
esempio un arco. Noi mediterranei dovremmo essere più facilitati da questo
esempio visto che le nostre costruzioni ne sono piene, conosciamo bene come è
fatto e come funziona. Sappiamo che l’arco è una invenzione straordinaria e
perfetta, tanto è vero che le costruzioni antiche, che ne facevano uso, sono
ancora in piedi a differenza di alcune più moderne che alla prima calamità
naturale sono venute giù. Tutta la straordinarietà dell’arco deriva dal fatto
che la stabilità che ha è dovuta al peso che deve sopportare, tutte le forze si
concentrano su un punto che sorregge tutta l’impalcatura, la “chiave di volta”.
Anche
il nostro piede ha il suo arco, è proprio questo che da la stabilità all’intero
piede che riesce così a sostenerci e darci stabilità, permettendoci di assumere
la posizione eretta. Aspetto unico del piede è che l’arco plantare non è fisso
ma si adatta in base alle situazioni che deve fronteggiare. Questo rende l’arco
plantare ancora più straordinario e irripetibile in natura.
Fatta questa premessa
(spero di essere stato chiaro, per i più curiosi, vi consiglio di leggere “Born
to Run” dove c’è un intero capitolo che spiega in modo più dettagliato, dal
quale ho preso spunto) vorrei fare una riflessione, cosa accadrebbe ad un arco
se riuscissimo con qualche attrezzo a sollevare la chiave di volta? Esatto
cadrebbe tutto. Ora mi chiedo cosa succede al nostro piede quando alziamo l’arco
plantare o solo modifichiamo l’assetto? Esattamente la stessa cosa dell’arco.
Cade tutto.
Aggiungere plantari e utilizzare scarpe che
alzano l’arco plantare hanno lo stesso effetto di quando si alza la chiave di
volta in un arco. Purtroppo mentre a nessuno verrebbe in mente di sollevare la
chiave di volta di un arco, tutti abitualmente alzano l’arco plantare per
sostenerlo, utilizzando scarpe super protettive e tecnologiche o ancora peggio
rialzi e plantari artificiali. Da questa ultima affermazione si capisce già il
mio pensiero a riguardo. Cercherò di entrare di più nel dettaglio.
Il mio consiglio è quello
di usare scarpe che non cambiano l’assetto del nostro piede perché lui sa cosa
deve fare per assorbire i colpi che gli diamo ad ogni passo, la sua capacità è
proprio quella di adattarsi a qualsiasi situazione. Piuttosto curerei sempre di
più la tecnica di corsa e porterei la mia attenzione ad una adeguata
preparazione atletica. Io stesso ho fatto l’errore di comprare scarpe super
protettive quando mi sono avvicinato al mondo del podismo. Iniziarono i primi
infortuni, per fortuna lievi e temporanei, entrai nel ciclo tipico dei runner allenamento --- infortunio --- fisioterapista.
Quando iniziai a documentarmi sulla corsa a
piedi nudi e feci la riflessione che negli sport precedenti come il calcio ho
sempre usato scarpe senza ammortizzazione, direi alquanto minimaliste, e non mi
sono mai infortunato, decisi di provarci e da quel momento corro solo con
scarpe “basse” con evidenti miglioramenti di postura e assenza di infortuni.
Come dicevo sopra tutte le teorie sono valide, io credo in questa perché
funziona, non mi interessa qual è la teoria che c’è dietro, a me interessa solo
che porta risultati ed ho la serenità di consigliarla a tutti soprattutto a chi
è soggetto ad infortunarsi di frequente. Infatti l’atteggiamento che assume un
runner quando esce da un infortunio è quello di cambiare la scarpa, magari
prendendone una sempre più protettiva, alcuni si fanno fare delle protesi,
peggiorando di fatto la loro situazione. Chiedo ai runner che mi stanno
leggendo e che sanno di quello che sto scrivendo, cosa hanno ottenuto fino ad
oggi seguendo le teorie tradizionali? Perché non provarci?
Devo però fare delle
precisazioni importantissime. Generalmente si confonde l’altezza della suola
con la capacità di ammortizzare i colpi. Io non mi riferisco a questa
distinzione ma quello che più conta è la differenza di altezza tra il tallone e
l’avanpiede, quello che viene chiamato differenziale o drop. E su questa misura
che dovremmo concentrare la nostra attenzione. Le stesse aziende produttrici
col tempo stanno abbassando questo differenziale. In generale più è alto e più
si va incontro allo sconvolgimento della tecnica di corsa e alla
destabilizzazione dei meccanismi perfetti del nostro piede. Attualmente stanno scendendo tutte le aziende
ai 8mm per le scarpe più protettive fino ad arrivare a drop di 4 addirittura 0
per i modelli più spinti. Alcuni catalogano le scarpe in base alle velocità del
runner : “ se vai veloce puoi usare le scarpe basse e se vai lento quelle alte”.
In linea di massima è corretto, però è tutto relativo perché io potrei avere la
stessa meccanica di corsa a 4 min/km di uno che va a 3:30 o a 5 min/km.
Da diverso tempo sto allenando alcuni miei
atleti a correre scalzi per allenare i piedi e le strutture basse delle gambe
(non è una pratica inusuale, i professionisti lo fanno abitualmente, dai
giamaicani per la velocità, ai kenioti per le lunghe distanze: un motivo ci
sarà), con notevoli miglioramenti nella tecnica di corsa. Ricordo le facce
spaesate quando l’ho proposto e le prime volte che hanno provato, però la
sensazione di avere il contatto con il terreno è inspiegabile, sensazione che
ormai si è persa. I primi vantaggi che si hanno è che si corre senza atterrare
con i talloni perché fa male se lo si fa, in queste occasioni si capisce quanto
corriamo male. Dopo qualche dubbio iniziale diventa normale e si rimane
sorpresi dal verificare quando si corre bene, più fluidi e veloci,
sorprendentemente senza dolori.
In passato mi è capitato di consigliare a
qualche atleta amico di scendere dai tacchi ma ho commesso un errore che vorrei
porre rimedio in questa occasione. Noi runner siamo un po strani, perché anche
se nella vita siamo persone intelligenti, riflessive, attente, etc. quando si
tratta di corsa diventiamo degli inguaribili stupidi, vogliamo tutto e subito,
siamo sempre alla ricerca del segreto che ci deve far andare più forte la
domenica successiva. Questo approccio è sbagliato perché quando si corre con scarpe
che hanno dei differenziali diversi anche solo da 12 a 8mm si mettono in modo
dei muscoli con angolazioni diverse che portano a dolori nuovi e mai avvertiti
prima, invece di capire che è un aspetto positivo perché vuol dire che stiamo
attivando muscoli ormai atrofizzati,ritorniamo sui nostri passi perdendoci questa
opportunità, abbandonando alla prima uscita. Bisogna avere pazienza e
progressione, i piedi e la parte bassa della gamba va educata nuovamente.
Inizialmente bisogna correre pochi chilometri e progredire dandosi il tempo di
abituarsi. La strategia migliore è quella di correre in pista, fare pochi
chilometri 2-3 al massimo e poi rimettersi le vecchie scarpe per finire
l’allenamento, la volta successiva aumentare di un altro km la prova e così via,
se non si ha a disposizione una pista è meglio correre con le scarpe di
ricambio in mano e cambiarsele per strada, immagino che non sia facile
sopportare gli sfottò degli amici ma arriverà il momento in cui vi prenderete
le vostre rivincite. Atteggiamento sbagliato che purtroppo ho visto fare in
passato è quello di mettersi delle scarpe più basse e partire per fare una
corsa da 10-12 km (per la maggior parte dei runner sono distanze brevi),
ovviamente le cose non possono che andare male, sarebbe la stessa cosa se
prendessimo un sedentario con qualche chilo di sovrappeso e lo portassimo a
correre per 10km, anche se gli mettiamo le migliori scarpe alla fine sarà pieno
di dolori.
Spero di essere stato
chiaro e di aver dato un piccolo contributo a questo quesito che affligge tutti
i runner. Vi invito di provare, con la giusta progressione e pazienza, a
correre con scarpe con differenziali più bassi. Non vi preoccupate anche se
avete dolori, pensate che probabilmente i dolori che avete potrebbero essere
dovuti alle scarpe che state usando, curate di più la tecnica di corsa e la
preparazione atletica e vedrete che i dolori scompariranno. In più le scarpe
con differenziali bassi costano anche di meno e potete cambiarle con meno
frequenza, con un bel risparmio visto quanto costano. Io cambio le scarpe dopo
più di 1000km e più diventano vecchie e meglio corro. Generalmente le cambio
perché si strappano non perché si “scaricano” come si dice in gergo e non sono
innamorato di nessun marchio o modello in particolare, compro quelle che
costano meno, anche se versioni vecchie. Provateci e poi giudicate da soli.
Vito Nacci
Preparatore atletico
Personal Trainer
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