lunedì 1 dicembre 2014

SCARPE DA RUNNING: QUALI USARE?

Una delle domande più ricorrenti che mi viene rivolta riguarda la scarpa da running. Ci sono tante teorie al riguardo, io ho la mia, non sono tanto presuntuoso da affermare che sia la verità assoluta però è la mia verità. Sono arrivato a certe conclusioni con anni e km di esperienza e ovviamente tanto studio ed approfondimenti sull’argomento. Potrei far riferimento ai tanti studi scientifici che si sono fatti sull’argomento, l’ho già fatto in passato, ma ho capito che non serve perché troppo tecnico e difficilmente comprensibile. Per renderlo più semplice e comprensibile prenderò spunto dall’ingegneria, si proprio così, come il grande Leonardo affermò:                                                                     “Il piede umano è una macchina straordinaria…un capolavoro d’ingegneria “

                Infatti nel piede ci sono più muscoli ed ossa di tutto il resto del corpo messo insieme, il suo funzionamento è così straordinario che non esiste nient’altro di simile in natura.


Per meglio spiegare cosa voglio dire prendo ad esempio un arco. Noi mediterranei dovremmo essere più facilitati da questo esempio visto che le nostre costruzioni ne sono piene, conosciamo bene come è fatto e come funziona. Sappiamo che l’arco è una invenzione straordinaria e perfetta, tanto è vero che le costruzioni antiche, che ne facevano uso, sono ancora in piedi a differenza di alcune più moderne che alla prima calamità naturale sono venute giù. Tutta la straordinarietà dell’arco deriva dal fatto che la stabilità che ha è dovuta al peso che deve sopportare, tutte le forze si concentrano su un punto che sorregge tutta l’impalcatura, la “chiave di volta”.


Anche il nostro piede ha il suo arco, è proprio questo che da la stabilità all’intero piede che riesce così a sostenerci e darci stabilità, permettendoci di assumere la posizione eretta. Aspetto unico del piede è che l’arco plantare non è fisso ma si adatta in base alle situazioni che deve fronteggiare. Questo rende l’arco plantare ancora più straordinario e irripetibile in natura.

Fatta questa premessa (spero di essere stato chiaro, per i più curiosi, vi consiglio di leggere “Born to Run” dove c’è un intero capitolo che spiega in modo più dettagliato, dal quale ho preso spunto) vorrei fare una riflessione, cosa accadrebbe ad un arco se riuscissimo con qualche attrezzo a sollevare la chiave di volta? Esatto cadrebbe tutto. Ora mi chiedo cosa succede al nostro piede quando alziamo l’arco plantare o solo modifichiamo l’assetto? Esattamente la stessa cosa dell’arco. Cade tutto.
Aggiungere plantari e utilizzare scarpe che alzano l’arco plantare hanno lo stesso effetto di quando si alza la chiave di volta in un arco. Purtroppo mentre a nessuno verrebbe in mente di sollevare la chiave di volta di un arco, tutti abitualmente alzano l’arco plantare per sostenerlo, utilizzando scarpe super protettive e tecnologiche o ancora peggio rialzi e plantari artificiali. Da questa ultima affermazione si capisce già il mio pensiero a riguardo. Cercherò di entrare di più nel dettaglio.

Il mio consiglio è quello di usare scarpe che non cambiano l’assetto del nostro piede perché lui sa cosa deve fare per assorbire i colpi che gli diamo ad ogni passo, la sua capacità è proprio quella di adattarsi a qualsiasi situazione. Piuttosto curerei sempre di più la tecnica di corsa e porterei la mia attenzione ad una adeguata preparazione atletica. Io stesso ho fatto l’errore di comprare scarpe super protettive quando mi sono avvicinato al mondo del podismo. Iniziarono i primi infortuni, per fortuna lievi e temporanei, entrai nel ciclo tipico dei runner  allenamento --- infortunio --- fisioterapista.
Quando iniziai a documentarmi sulla corsa a piedi nudi e feci la riflessione che negli sport precedenti come il calcio ho sempre usato scarpe senza ammortizzazione, direi alquanto minimaliste, e non mi sono mai infortunato, decisi di provarci e da quel momento corro solo con scarpe “basse” con evidenti miglioramenti di postura e assenza di infortuni. Come dicevo sopra tutte le teorie sono valide, io credo in questa perché funziona, non mi interessa qual è la teoria che c’è dietro, a me interessa solo che porta risultati ed ho la serenità di consigliarla a tutti soprattutto a chi è soggetto ad infortunarsi di frequente. Infatti l’atteggiamento che assume un runner quando esce da un infortunio è quello di cambiare la scarpa, magari prendendone una sempre più protettiva, alcuni si fanno fare delle protesi, peggiorando di fatto la loro situazione. Chiedo ai runner che mi stanno leggendo e che sanno di quello che sto scrivendo, cosa hanno ottenuto fino ad oggi seguendo le teorie tradizionali? Perché non provarci?

Devo però fare delle precisazioni importantissime. Generalmente si confonde l’altezza della suola con la capacità di ammortizzare i colpi. Io non mi riferisco a questa distinzione ma quello che più conta è la differenza di altezza tra il tallone e l’avanpiede, quello che viene chiamato differenziale o drop. E su questa misura che dovremmo concentrare la nostra attenzione. Le stesse aziende produttrici col tempo stanno abbassando questo differenziale. In generale più è alto e più si va incontro allo sconvolgimento della tecnica di corsa e alla destabilizzazione dei meccanismi perfetti del nostro piede.  Attualmente stanno scendendo tutte le aziende ai 8mm per le scarpe più protettive fino ad arrivare a drop di 4 addirittura 0 per i modelli più spinti. Alcuni catalogano le scarpe in base alle velocità del runner : “ se vai veloce puoi usare le scarpe basse e se vai lento quelle alte”. In linea di massima è corretto, però è tutto relativo perché io potrei avere la stessa meccanica di corsa a 4 min/km di uno che va a 3:30 o a 5 min/km.
Da diverso tempo sto allenando alcuni miei atleti a correre scalzi per allenare i piedi e le strutture basse delle gambe (non è una pratica inusuale, i professionisti lo fanno abitualmente, dai giamaicani per la velocità, ai kenioti per le lunghe distanze: un motivo ci sarà), con notevoli miglioramenti nella tecnica di corsa. Ricordo le facce spaesate quando l’ho proposto e le prime volte che hanno provato, però la sensazione di avere il contatto con il terreno è inspiegabile, sensazione che ormai si è persa. I primi vantaggi che si hanno è che si corre senza atterrare con i talloni perché fa male se lo si fa, in queste occasioni si capisce quanto corriamo male. Dopo qualche dubbio iniziale diventa normale e si rimane sorpresi dal verificare quando si corre bene, più fluidi e veloci, sorprendentemente senza dolori.
In passato mi è capitato di consigliare a qualche atleta amico di scendere dai tacchi ma ho commesso un errore che vorrei porre rimedio in questa occasione. Noi runner siamo un po strani, perché anche se nella vita siamo persone intelligenti, riflessive, attente, etc. quando si tratta di corsa diventiamo degli inguaribili stupidi, vogliamo tutto e subito, siamo sempre alla ricerca del segreto che ci deve far andare più forte la domenica successiva. Questo approccio è sbagliato perché quando si corre con scarpe che hanno dei differenziali diversi anche solo da 12 a 8mm si mettono in modo dei muscoli con angolazioni diverse che portano a dolori nuovi e mai avvertiti prima, invece di capire che è un aspetto positivo perché vuol dire che stiamo attivando muscoli ormai atrofizzati,ritorniamo sui nostri passi perdendoci questa opportunità, abbandonando alla prima uscita. Bisogna avere pazienza e progressione, i piedi e la parte bassa della gamba va educata nuovamente. Inizialmente bisogna correre pochi chilometri e progredire dandosi il tempo di abituarsi. La strategia migliore è quella di correre in pista, fare pochi chilometri 2-3 al massimo e poi rimettersi le vecchie scarpe per finire l’allenamento, la volta successiva aumentare di un altro km la prova e così via, se non si ha a disposizione una pista è meglio correre con le scarpe di ricambio in mano e cambiarsele per strada, immagino che non sia facile sopportare gli sfottò degli amici ma arriverà il momento in cui vi prenderete le vostre rivincite. Atteggiamento sbagliato che purtroppo ho visto fare in passato è quello di mettersi delle scarpe più basse e partire per fare una corsa da 10-12 km (per la maggior parte dei runner sono distanze brevi), ovviamente le cose non possono che andare male, sarebbe la stessa cosa se prendessimo un sedentario con qualche chilo di sovrappeso e lo portassimo a correre per 10km, anche se gli mettiamo le migliori scarpe alla fine sarà pieno di dolori.

Spero di essere stato chiaro e di aver dato un piccolo contributo a questo quesito che affligge tutti i runner. Vi invito di provare, con la giusta progressione e pazienza, a correre con scarpe con differenziali più bassi. Non vi preoccupate anche se avete dolori, pensate che probabilmente i dolori che avete potrebbero essere dovuti alle scarpe che state usando, curate di più la tecnica di corsa e la preparazione atletica e vedrete che i dolori scompariranno. In più le scarpe con differenziali bassi costano anche di meno e potete cambiarle con meno frequenza, con un bel risparmio visto quanto costano. Io cambio le scarpe dopo più di 1000km e più diventano vecchie e meglio corro. Generalmente le cambio perché si strappano non perché si “scaricano” come si dice in gergo e non sono innamorato di nessun marchio o modello in particolare, compro quelle che costano meno, anche se versioni vecchie. Provateci e poi giudicate da soli.

Vito Nacci
Preparatore atletico
Personal Trainer
   



Nessun commento:

Posta un commento