giovedì 21 novembre 2013

PERCEZIONE DELLA FATICA

Tutti gli atleti si impegnano per aumentare la propria performance, questo avviene quando apportiamo degli stimoli allenanti al nostro fisico ed alla nostra mente. Corpo e Mente ormai è chiaro che devono essere visti come un’unica entità perché l’uno condiziona l’altro, il risultato finale è dovuto all’attivazione delle due parti. Tutti sanno che bisogna seguire un piano di allenamenti che tenga in considerazione i periodi di carico e i periodi di riposo, si cerca di stilare un piano di allenamento più o meno personalizzato e periodicamente in base ai risultati ottenuti si determinano gli allenamenti futuri. Per far ciò si effettuano test funzionali dai più semplici ai più complessi, direi da laboratorio, che magari solo i professionisti si possono permettere. Questa metodologia mi ha sempre lasciato perplesso per una serie di motivi, uno è che le performance non sono sempre ripetibili perché dipendono da alcune variabili che non sono ripetibili, come il clima, la condizione psico-fisica, i vari percorsi di allenamento, il periodo in cui si eseguono. Poi si effettuano in un periodo in cui l’allenamento è ormai fatto, si sono seguiti dei ritmi di carico e riposo studiati a tavolino alcuni giorni prima, se si ha un rapporto più vicino con il proprio atleta, oppure anche mesi prima come accade soprattutto agli amatori che si affidano ai metodi ereditati dagli amici più esperti oppure dalle riviste specializzate e libri sul tema. A quel punto non si può più tornare indietro e quello che si è fatto è fatto. La vera difficoltà, direi la sfida professionale, sta nel capire e conoscere meglio nel durante la fase di allenamento come l’atleta percepisce lo sforzo compiuto in un determinato esercizio. Capire questo permette di capire meglio l’atleta e permette a chi lo segue di perfezionargli la tipologia di allenamenti e di rispettare meglio la fase importantissima di carico e riposo. Una metodica che ho sperimentato su me stesso e che mi accingo a testare su tutti i miei atleti è una personalizzazione tutta mia della scala di Borg. La scala di Borg è una scala crescente di valori che determina la percezione dello sforzo da parte dell’atleta, che riporto sotto. L’atleta alla fine dell’allenamento da una valutazione allo sforzo percepito. La performance prestazionale dell’allenamento non c’entra niente,  si rileva quanto l’atleta ha percepito intenso l’allenamento, in questo modo si coinvolge anche l’aspetto mentale dell’allenamento. Aspetto importantissimo perché ci dice, durante la fase di allenamento, se aumentare o diminuire i carichi. In oltre ci fa capire cosa percepisce in gara l’atleta e capire qual è la sua soglia di resistenza alla fatica. Una soglia importantissima da conoscere perché se  l’atleta ha una soglia di resistenza alla fatica bassa non riuscirà mai a sfruttare tutte le sue potenzialità fisiche.  Credo che a tutti capiti a fine di ogni gara di avere la sensazione di non aver dato tutto oppure, più raramente, di aver dato più di quello che poteva a prescindere dal risultato finale. Esistono tanti altri metodi per verificare quello che su ho descritto, penso che questo metodo sia il più semplice e facile da eseguire è alla portata di tutti non ha bisogno di strumenti particolari. Anche questo metodo presenta dei limiti che sono conosciuti e quindi filtrati, in ogni caso come per ogni test bisogna saper comprendere i segnali che si ricevono. Io ho elaborato un mio sistema che partendo dal test originale l’ho personalizzato e reso più attendibile senza perdere la caratteristica di semplicità. La tecnologia ci viene in aiuto anche in questo caso, ci sono aziende leader che elaborando alcuni dati come battito cardiaco e tempo dell’esercizio e calcola quello che viene chiamato TE (Training Effect) generalmente con una scala che va da 1 a 5 dove 1 è facile 5 è intenso, anche questo metodo è valido e abbastanza attendibile, anche se si perde un po l’aspetto mentale come su ho descritto, che personalmente reputo più importante.

Scala di Borg

1)      Nessuno sforzo
2)      Estremamente leggero
3)      Molto leggero
4)      Leggero
5)      Un po pesante
6)      Pesante
7)      Molto pesante
8)      Estremamente pesante
9)      Massimo sforzo


lunedì 16 settembre 2013

CORSA = FREQUENZA E AMPIEZZA


La tecnica di corsa dice che la gestione di queste due variabili determina i risultati cronometrici. La Frequenza è il numero dei passi che si compiono in un minuto ad una determinata velocità, l’ampiezza è la distanza che si percorre tra un passo e l’altro alla stessa velocità. In teoria chi percorre più spazio tra un passo e l’altro e riesce a fare più passi nello stesso tempo diventa velocissimo, esempio di questi tempi è Usain Bolt. In realtà meccanicamente se cerchiamo di aumentare la frequenza tendiamo ad accorciare l’ampiezza, viceversa se cerchiamo di aumentare l’ampiezza rallentiamo la frequenza. Pertanto non è facile aumentare la frequenza e l’ampiezza del passo, sono comunque variabili allenabili. Se osserviamo correre più persone insieme ci rendiamo conto che ognuno ha un valore diverso e del tutto personale su frequenza e ampiezza. C’è chi ha una frequenza ottimale ma non sfrutta tutto il potenziale di spinta, c’è chi ha un’ampiezza buona ma tra un passo e l’altro passa troppo tempo. Non esiste un parametro di riferimento valido per tutti, bisogna trovare i propri valori.
Sono stati fatti degli studi cercando di paragonare i valori di atleti top e amatori. Senza entrare troppo nei dettagli che potrebbero annoiare, si è visto che i top mantengono una correlazione abbastanza omogenea nei parametri ampiezza e frequenza alle diverse velocità di percorrenza. Mentre gli amatori riescono ad avere una buona correlazione nell’ampiezza ma non nella frequenza. Pertanto la discriminante tra top e amatore è soprattutto nella frequenza. Da ciò si potrebbe dire che gli amatori devono in linea di massima migliorare nella frequenza più che nell’ampiezza. Come dicevo prima non c’è un valore standard, sta nell’abilità dell’atleta o del suo allenatore capire dove intervenire con esercizi mirati.
Una piccola regola che vale solo come statistica dice che se si corre con una frequenza al di sotto dei 160 passi minuto sicuramente si ha una corsa poco fluida, al di sopra di 200 passi minuto potrebbe essere un errore perché non si sfrutta tutto il potenziale di spinta. Valori tra 160-180 passi al minuto è un valore accettabile, per fare un esempio Baldini correva a  200 passi minuto.
Per calcolare il valore della frequenza bisogna rilevare il tempo che si compie per fare 20 passi se si contano tutti e due i piedi oppure 10 passi se si contano solo il piede di partenza. Per essere nei valori ottimali bisogna impiegarci un tempo compreso tra 5 e 6 secondi. Per calcolare l’ampiezza basta dividere i passi fatti per i metri percorsi.
Mi ripeto dicendo che questi sono valori di riferimento medi, ognuno di noi deve trovare quelli ottimali per se stesso, è consigliabile farsi valutare da un esperto che ha la percezione anche visiva della vostra corsa e impegnarsi a migliorare con esercizi mirati in una delle due variabili o tutte e due.
Per migliorarsi sensibilmente basterebbe anche solo migliorare in questi parametri tecnici, molti si ammazzano per fare esercizi di ripetute, fartlek e così via, senza sapere come stanno correndo, basterebbe migliorare la frequenza e/o l’ampiezza e già si raggiungono velocità importanti con la stessa capacità aerobica.

Buona corsa a tutti

sabato 10 agosto 2013

METODOLOGIE E PROCEDURE D'ALLENAMENTO

Gli studi e gli stages che ho fatto per conseguire i vari brevetti e per cultura personale, non sarebbero serviti a nulla se non avessi messo in pratica quanto studiato, praticando diversi sport. In questo modo sono riuscito ad apprendere meglio quello che ho studiato, ma soprattutto  a farmi una valutazione critica su quello che dice la teoria.
Ho in questo modo sviluppato una metodologia di lavoro e delle procedure che permettono di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Questa metodica mi ha permesso di raggiungere i miei obiettivi, che sono diretti sia verso una performance agonistica sia verso la longevità sportiva. Caratterizzata da una assenza di infortuni (tocco ferro) e di problemi debilitanti che alla mia età e per l’utilizzo che ne ho fatto fino ad oggi del mio fisico dovrebbero essere normali.
Gli obiettivi possono essere i più svariati, chi viene mosso dalla necessità di perdere peso per un motivo estetico e salutistico, chi viene mosso dalla ricerca di performance nella propria disciplina. Tutti devono seguire una metodica, che deve essere semplice e fattibile, deve avere la caratteristica di essere completa e portare risultati duraturi, magari lenti ma continui, proprio per dare tempo al nostro fisico di adattarsi alle nuove sollecitazioni. Tutti conosciamo persone che sono dimagrite parecchio in poco tempo facendo la fame, sappiamo pure che dopo qualche mese li abbiamo rivisti come erano all’inizio anzi in alcuni casi più grassi. Conosciamo persone che hanno raggiunto in brevissimo tempo risultati cronometrici perché si sono stressati in modo eccessivo, sappiamo pure che dopo qualche mese li abbiamo visti infortunati gravemente oppure in una fase involutiva. Tutti questi fenomeni sono dovuti alla pratica di allenamenti senza una logica di miglioramento costante e progressivo.
Il mio metodo che ho chiamato ARAM è un metodo che tiene conto di quello che ho appena descritto, è semplice, (per i più superficiali può sembrare banale) porta risultati costanti e duraturi, col tempo diventa un modo di essere, si segue in modo naturale e non porta a fasi di abbandono.
Vediamo cosa significa:
A  sta per allenamento, ovviamente nessun risultato può essere raggiunto senza dare degli stimoli allenanti al corpo ed alla mente.
R  sta per riposo, il riposo è parte integrante dell’allenamento, non è contro l’allenamento, è proprio nella fase di riposo che il corpo si adatta ai nuovi stimoli ricevuti dall’allenamento.
A  sta per alimentazione, ormai è riconosciuto da tutti che una corretta alimentazione e la dovuta integrazione permette di recuperare meglio lo stress che il fisico e la mente ricevono con l’allenamento e predispongono a ricevere meglio altri stress allenanti.
M sta per mente, l’aspetto psicologico nelle fasi di allenamento per raggiungere i propri obiettivi è determinante, avere un atteggiamento positivo verso quello che si fa è fonte di motivazione per continuare ad allenarsi e migliorarsi. Questo è possibile seguendo delle procedure, che spiegherò più avanti, che inducono fiducia nei propri mezzi.
Trascurare anche solo una di queste fasi potrebbe compromettere il raggiungimento dei propri obiettivi.
Questa metodologia mi ha portato ad un costante miglioramento e mi ha permesso di raggiungere sempre gli obiettivi che mi sono prefissato. Questo metodo è incompleto se non si tiene conto di alcune procedure importanti e specifiche per il raggiungimento dei risultati. Come ho accennato prima ci sono degli aspetti che dobbiamo tenere conto come quelli psicologici, se non diamo dei continui stimoli e obiettivi si va incontro a fasi involutive o addirittura di abbandono. Gli obiettivi devono essere ambiziosi ma raggiungibili, altrimenti rimangono sogni, bisogna porre degli obiettivi intermedi prima di quello finale. Così facendo ogni raggiungimento di fase intermedia è da stimolo per il cammino successivo. Altro aspetto da tener conto è il grado atletico iniziale e quello raggiunto ad ogni ciclo di allenamento . Riuscire a comprendere lo stato di stress psico-fisico dell’individuo è importante per saper dosare gli allenamenti per quel ciclo, far eseguire un allenamento troppo impegnativo oppure poco impegnativo può compromettere il risultato finale. Queste valutazioni possono essere effettuate solo da un attento ed esperto allenatore fisico, anzi la giusta valutazione di tutti questi parametri e il dosaggio dei giusti carichi allenanti fa la differenza tra un preparatore atletico ed un buon preparatore atletico.
                Sintetizzando quello che ho appena detto ho sviluppato delle procedure denominate PCP, vediamo cosa voglio dire:
                P sta per personalizzazione, non è possibile fare schede di allenamento uguali per tutti, ognuno di noi risponde in modo diverso agli stimoli allenanti. Recupera in modo e tempi diversi, anche gli stessi obiettivi determinano i diversi carichi di lavoro ed il tipo di lavoro da svolgere. La persona che vuole solo dimagrire non può svolgere gli stessi carichi di chi vuole fare un ironman.
                C sta per costanza nessun risultato può essere raggiunto in breve tempo, anzi se succede deve essre un campanello d’allarme perché potrebbe voler dire che ci si è stressati troppo e potremmo andare incontro ad una involuzione oppure ad abbandonare comunque vicini alla fase denominata over training, pericolosa e dannosa per il fisico e soprattutto la mente. Potrebbe voler dire anche che gli obiettivi non erano in linea con le reali possibilità dell’individuo, è comunque un errore di valutazione, meno grave del caso precedente e facilmente recuperabile.
                P sta per progressione, bisogna sempre tenere presente che il corpo ha bisogno del giusto tempo per adattarsi agli stimoli allenanti, bisogna tener presente anche che il corpo è abitudinario ed è programmato per la conservazione quindi una volta assimilato uno stimolo si adatta e adagia, pertanto bisogna aumentare gli stimoli per dare nuovi stress e indurre il corpo a reagire. Ovviamente lo stress deve essere progressivo, alla fine di ogni ciclo bisogna valutare il miglioramento raggiunto e deve diventare la base per il nuovo ciclo.
                Non tenere conto di queste fasi vorrebbe dire portare l’individuo ad insuccessi sia di performance sia ancor più grave di infortuni seri che possono compromettere il risultato finale. Seguendo queste metodiche e procedure si porta la persona ad avere sempre stimoli continui e progressivi, tanto da evitare le fasi di sconforto dovuto a infortuni e/o al non raggiungimento di risultati che porterebbe all’abbandono dell’attività fisica. Questo è il mio compito ed il compito di tutti i bravi preparatori atletici.


Buon allenamento

Vito Nacci

mercoledì 7 agosto 2013

PREPARAZIONE ATLETICA E GINNASTICA FUNZIONALE

         Nessun sportivo può pensare di diventare un buon runner, ciclista, nuotatore o altro, se prima non diventa un ottimo atleta, con questo motto io sintetizzo la mia visione dello sportivo e di cosa deve fare per poi diventare un atleta di qualsiasi sport si tratti. Prima bisogna diventare un atleta completo, forte, resistente, flessibile e veloce e poi può specializzarsi nello sport che pratica abitualmente.

Per spiegarmi meglio sarebbe come edificare una qualsiasi costruzione senza partire dalle fondamenta, e più è grande la costruzione più deve essere forte e solida la fondamenta. Prendendo ad esempio il mondo dei runner, è sicuramente difficile costruire un grande successo sia cronometrico sia  di longevità agonistica pensando ad allenare solo il motore ed ignorare la carrozzeria. Sarebbe come avere a disposizione un motore da 3000cc di cilindrata montato su una utilitaria vecchia e malridotta, primo non si sfrutterebbe tutta la potenza del motore, secondo siamo a rischio di rottura e cedimenti della struttura. Sicuramente ogni runner ha sperimentato direttamente o indirettamente casi di infortuni poco prima o durante una gara, a dei muscoli che abbiamo trascurato perchè non impiegati direttamente nell’azione di corsa, penso agli addominali, al diaframma, alla spalla o alle braccia (se le braccia si stancano e rallentano la loro oscilazione le gambe le seguono per effetto della coordinazione e si rallenta pur avendo gambe e polmoni che possono andare più forte). Quando succede ci sorprendiamo dell’esistenza di certi muscoli e del loro utilizzo nella corsa, si pensa che per correre bisogna allenare bene le gambe e basta. Cosa peggiore è che parlando anche con runner esperti e forti non allenano anche parti del corpo e muscoli direttamente coinvolti nella corsa, faccio una domanda provocatoria, quanti allenano I piedi? Può sembrare un controsenso ma è la realta molto diffusa, I podisti non allenano I piedi, da qui I problemi legati agli infortuni come fascite plantare, polpacci, tendine d’achille, etc., invece di allenare I piedi comprano scarpe sempre più alte e pesanti (che costano anche di più), pensano di far fare alle scarpe quello che I piedi sanno fare benissimo e per cui si sono evoluti.

 Pertanto dobbiamo da prima concentrare le nostre attenzioni sul rendere il nostro fisico forte ed organicamente pronto ad affrontare qualsiasi sfida sportiva, e poi specializzarci nello sport che pratichiamo.

         Sulla forza generale vorrei soffermarmi un po’ sia perché ammetto di essere un po’ fanatico su questo aspetto sia per chiarire meglio cosa intendo per forza generale. Quando si parla di forza generale si associa subito il lavoro fatto in palestra per potenziare i muscoli, questa visione riduttiva porta a non considerare questo aspetto nel giusto modo dai runner, per rimanere sull’esempio precedente, e per questo motivo viene sempre snobbato perché si pensa che sia tempo tolto alla corsa. Questo luogo comune ha qualcosa di vero ma è soprattutto un blocco mentale perché ai runner e comunque a tutti gli sportivi di endurance non piace stare al chiuso a fare sforzi ripetitivi senza un obiettivo reale e senza sudare troppo. In alcuni casi c’è da dire che forse è meglio non fare niente piuttosto che fare le cose male, come 9 volte su 10 si fanno in palestra, non ho niente contro le palestre, ma in moltissimi casi ci sono istruttori improvisati o solo un po più esperti su come si utilizzano gli attrezzi, ma non sanno finalizzare I lavori allo scopo dell’atleta. Di vero c’è che il lavoro in palestra non serve ed è anche pericoloso. Chi frequenta la palestra lo fa con scopi diversi da quelli dei runner e i lavori che si fanno sono magari ottimi per i loro scopi, più estetici che altro, ma non sono utili per chi fa sport di endurance come i runner.

         Faccio alcuni esempi, uno dei punti più importanti da allenare è sicuramente il così detto CORE quella parte del corpo che noi chiamiamo addominali, termine generico che identifica una parte del corpo. Come dice la parola stessa è il cuore del nostro corpo da dove parte tutta la nostra forza. E’ quella parte del corpo che unisce il tronco e le gambe e che ammortizza tutte le tensioni durante la corsa, un core debole porta ad una tecnica di corsa approssimativa con tutti i problemi derivanti, come posture sbagliate con conseguenti infortuni e/o fastidiosi dolori, mancanza di fluidità nella corsa e quindi maggior spesa energetica con conseguente risultato agonistico non apprezzabile, etc.. Detto questo però vediamo che i runner snobbano completamente questo aspetto che è sicuramente tra i più importanti, ci sono altri che sono snobbati come allenare i piedi, come ho su riportato. Perché nell’immaginario dei runner è tempo perso perché sottratto alla corsa, se viene fatto ci limitiamo prendendo in prestito dal mondo delle palestre i crunch per allenare gli addominali appunto. Ora vorrei fare una piccola riflessione su cosa sono gli addominali e a cosa servono in modo da meglio comprendere perché i crunch sono fini a se stessi ed introdurre il significato di ginnastica funzionale.

         Per parlare delle fasce addominali dobbiamo prima assimilarli ad una latta-contenitore dove troviamo sul davanti il retto, dietro i quadrati dei lombi, ai fianchi i traversi e come collante gli obliqui, sotto abbiamo il pavimento pelvico che chiude il tutto e in questo recipiente vengono racchiuse tutte le nostre viscere. Tutto questo insieme di muscoli si muove ad unisono e in modo complementare, un muscolo non agisce da solo ma insieme a tutti gli altri, quindi è facile capire che allenare solo il retto non si fa altro che fortificare solo una parete del contenitore. Si fa questo perché è il più bello esteticamente perché ti forma la così detta tartaruga o six-pack, c’è da dire con sorpresa di molti che sono i muscoli più facili da allenare e vi lascio immaginare come sia difficile allenare bene gli altri. Altro senso comune da sfatare è quando si sente dire faccio gli addominali bassi e poi quelli alti, il muscolo è unico si muove tutto insieme e non esistono muscoli alti o muscoli bassi, quindi quando si fanno gli esercizi alleni tutto il muscolo contemporaneamente. In più ci tengo a dire che allenare solo il retto per una qualsiasi attività sia sportiva sia posturale è inutile, riflettiamo un po’, il retto serve per flettere il busto cioè portare la testa verso i piedi o viceversa, ora mi chiedo quante volte al giorno ci capita di portare la testa ai piedi? In più se volessimo farlo ci faremmo aiutare dalla forza di gravità, sarebbe forse più importante sviluppare i quadrati dei lombi (parte posteriore) perché è sicuramente più difficile rialzarsi anche perché dobbiamo vincere la forza di gravità. Riportando l’esempio al nostro scopo sportivo mi chiedo ma quante volte durante la corsa mi piego con la testa verso i piedi? Credo che questa risposta faccia capire perché fare solo i crunch non serve a niente. Ora viene spontaneo dire allora che dobbiamo fare? Ritorniamo alle origini e riflettiamo su cosa fanno gli addominali, le fasce addominali si sono sviluppate quando siamo diventati bipedi, hanno proprio la funzione di darci stabilità e farci assumere la posizione eretta, come dicevo prima è un contenitore che si muove insieme e quindi gli esercizi da fare vanno in questa direzione, devono rendere più forti le pareti del contenitore in particolar modo le fasce più interne e devono essere mirati alla stabilizzazione del tronco. Tutto questo per avere più stabilità più flessibilità e fluidità nella corsa.

Questo esempio si può portare su tutti i distretti muscolari, in palestra con i lavori concentrici è sicuramente possibile allenare il singolo muscolo con le macchine, ma a noi serve allenare tutta la catena interessata al determinato movimento e questo si può ottenere solo con esercizi a corpo libero, magari si può aumentare con qualche carico col tempo ma sempre utilizzando tutta la catena muscolare e mai il singolo muscolo. Per tutto questo proporrò solo esercizi di potenziamento a corpo libero che interessano contemporaneamente tutta la catena muscolare interessata. Sempre finalizzata all’obiettivo che si deve raggiungere, deve essere funzionale a qualcosa, ecco perchè ginnastica funzionale. Un ultimo esempio per farmi meglio capire. Il muscolo più grande e forte del nostro corpo è il gluteo, nelle palestre ci sono macchine che aiutano a svilupparlo, però vediamo a cosa serve il gluteo. Il gluteo ha solo funzione propulsiva (per questo gli spinter hanno dei glutei prorompenti ed ipertonici), cioè ci aiuta ad andare avanti o su, mi sapete dire un solo attrezzo che sviluppa questo scopo. Se non si inseriscono balzi esplosivi ed altri esercizi propulsivi tutti gli altri esercizi non hanno senso. Gli esercizi a corpo libero fanno proprio questo ed allenano non il singolo gluteo ma anche tutti gli altri muscoli di sostegno al gluteo stesso, tutta la catena muscolare preposta alla propulsione, quindi funzionale allo scopo.

Buon divertimento, allenatevi, allenatevi e se vi avanza del tempo vi consiglio di allenarvi.


Vito Nacci

lunedì 5 agosto 2013

IRONMAN UNO STILE DI VITA

IRONMAN è una gara di triathlon che prevede la percorrenza in una soluzione di continuità di 3,8 km di nuoto, 180 km di bici e 42 km di corsa. E' la gara più lunga e difficile che un atleta può immaginare, solo il pensiero di percorrere tutti quei km fa paura. La domanda che tutti si fanno, ma come si fa e cosa devo fare per finire una gara del genere?
In realtà l'ironman è uno stile di vita, un modo di essere, di affrontare la vita. Finchè si identifica l'ironman con i km da percorrere non si è pronti per fare una gara del genere.
Bisogna sicuramente avere delle doti genetiche, una grande passione per lo sport, allenarsi costantemente in modo personalizzato e scientifico, bisogna alimentarsi nel modo giusto e adeguato agli sforzi curando tutti i dettagli nel pre, durante e post gara. Ancora non basta, tutto questo è quello che si fa per qualsiasi gara anche la più breve. Quello che distingue un IronMan da un altro atleta, magari anche più forte e preparato fisicamente è la grande capacità di concentrazione, di perseveranza, grande capacità di soffrire e superare i propri limiti, non farsi abbattere da niente e da nessuno. In una gara così lunga le variabili sono talmente tante che non è possibile simularle tutte in allenamento, curi il nuoto e perdi la corsa, alleni la bici e trascuri il nuoto, etc. Ti alleni sempre con il fresco e il giorno della gara fa un caldo insopportabile, oppure come è capitato a me inizi con il freddo il vento e la pioggia, continui con un caldo umido che toglie il respiro e finisci sotto un temporale. A due mesi dalla gara mi sono fratturato la clavicola in una gara di preparazione, sembrava tutto compromesso, ma è stato proprio in quel periodo di fermo forzato che ho capito di potercela fare, non ho mai perso la fiducia nei miei mezzi ed ero certo di farcela. Ho sicuramente cambiato le mie ambizioni di performance, perchè dovevo fare in un mese e mezzo quello che si dovrebbe fare in almeno tre mesi, anche quando sembrava tutto compromesso ho reagito.
Dopo aver curato il corpo e la mente sembrerebbe che potremmo essere pronti, non è ancora tutto, manca la cosa più importante, l'anima o il cuore inteso non come muscolo ma come spirito.




Condividi e allenati con il tuo gruppo di amici, prendi da loro tutto il buono e l'entusiasmo che ti trasmettono.


Soprattutto AMA LA TUA FAMIGLIA ed ispirati a loro ed all'esempio che puoi diventare per i tuoi figli.



Solo ora quando avrai unico Corpo Mente e Anima in un unico essere, consapevole dei tuoi limiti e pronto a superarli, sei pronto per una gara del genere e potrai dire:

 "IO VITO NACCI SONO UN IRONMAN"





i km non c'entrano niente, la fatica è tanta ma la soddisfazione non ha eguali.



venerdì 31 maggio 2013

NORMOCALORICITA' E NORMOPROTEICITA'

Se non conosciamo questi due concetti ci verrà difficile dimagrire o migliorare la nostra massa magra, nell’articolo sul dimagrimento ho affermato che per dimagrire bisogna cambiare stile di vita, tra i cambiamenti importanti c’è di sicuro l’attenzione al cibo ingerito, accompagnato ad un’attività fisica continuata e intensa.
Per l’attività fisica vi rimando agli articoli dedicati. Per l’alimentazione chiariamo meglio quanto affermato in precedenza. In linea generale diciamo che il nostro corpo è perfetto, si comporta in modo eccellente in base ai segnali che riceve dall’esterno, in questo caso dal nostro stile di vita e da ciò che mangiamo, conoscendo come si comporta possiamo certamente sfruttare le reazioni del nostro corpo a nostro beneficio, ricordiamoci che il nostro corpo si è evoluto nell’era del paleolitico e ragiona ancora nello stesso modo, prevalentemente orientato alla sopravvivenza . Un principio importante che ora voglio approfondire è il concetto di normocaloricità e normoproteicità. Se adottiamo una dieta ipocalorica oppure digiuni prolungati e forzati ancora più non mangiamo a sufficienza la reazione del corpo è quella di non far crescere i muscoli e di accumulare in tessuto adiposo anche quel poco che mangiamo. Ecco perché chi fa le diete fai da te oppure seguono la dieta di moda in quel momento affermano. “mi sto muovendo non sto mangiando ma non riesco a dimagrire più di tanto”, dopo un po’ abbandonano perché “questa dieta non funziona” e iniziano un’altra che hanno letto su qualche rivista di gossip, oppure abbandonano dicendo: “purtroppo io assimilo anche l’aria che respiro”, “è l’età”, etc. tutte scuse. In realtà il vero problema è che non si stanno muovendo a sufficienza e mangiamo poco e male. In una situazione del genere il cervello non sa che noi non stiamo mangiando perché dobbiamo fare la prova costume, nemmeno sa che se volessimo potremmo mangiare più di quello che serve, lui interpreta questa malnutrizione come un periodo di carestia e pertanto si dice perché devo aumentare i muscoli che richiedono un apporto calorico maggiore, mi conviene conservare in tessuti adiposi per i giorni a divenire che potrebbero essere di scarso apporto calorico. In questo modo possiamo sforzarci quanto vogliamo in palestra ma non crescerà il muscolo neanche di un millimetro in più aumenteremo la tendenza ad aumentare le  nostre riserve di grasso. Sapendo questo dobbiamo sicuramente apportare le giuste dosi di cibo per soddisfare il nostro fabbisogno calorico ed in più mangiare meglio in modo equilibrato senza demonizzare nessun alimento a favore di altri, solo così il cervello identifica questa fase come una fase prospera e permette al corpo di svilupparsi sia in muscolatura che in diminuzione di tessuto adiposo.
Non entro nel tecnico delle diete da seguire, non è lo scopo ora, ma è importante capire questi due concetti base. Prima di tutto la normocaloricità, bisogna mangiare in modo adeguato al dispendio calorico giornaliero, tenendo conto degli allenamenti che si svolgono, al lavoro, e a tutte le altre attività giornaliere, ricordandoci che se mangiamo di meno di quello che serve non dimagriamo ma ci distruggiamo i muscoli e ingrassiamo in termini di grasso corporeo. Non è difficile sentire parlare di diete da 3500 calorie per buoni atleti amatori, per i professionisti anche di più fino ad arrivare ai 12000 di Phelps, il nuotatore americano più medagliato di tutti i tempi con 22 medaglie olimpiche. In una sola edizione, Pechino 2008, ha vinto 8 ori, se non avesse mangiato tanto non le avrebbe mai vinte. Prendo ad esempio Phelps perché mi permette meglio di far capire cosa intendo con apporto adeguato di calorie, chi conosce Phelps avrà notato che è magro e tonico eppure mangia più di 5 persone messe insieme. Mangiare meno del necessario non è solo un problema legato alle prestazioni agonistiche ma può condizionare anche la qualità della nostra vita, perché a livello fisico corrisponde ad un rallentamento metabolico, diminuzione della massa muscolare e una tendenza all’accumolo di grasso. Ancora più grave sono le conseguenze psicologiche perché si manifesta stanchezza generale, poca voglia di fare, depressione e frustrazione. Attenzione  ad iniziare una fase di allenamento e non aumentare in proporzione l’apporto calorico, potremmo avere i risultati contrari a quelli desiderati sia estetici sia prestazionali e soprattutto di salute.

Altro aspetto importantissimo è la selezione degli alimenti da ingerire, in particolar modo le proteine. Quando si parla di proteine subito pensiamo ai muscoli ed ai Body Builder, questo è vero perché questa categoria di atleti è più sensibile a questa categoria di alimenti. Per lo stesso motivo gli atleti di altri sport in particolar modo di endurance e destrezza li snobbano un po’ perchè non li ritengono necessari non avendo necessità di grosse quantità di muscoli. Però ci dimentichiamo che le proteine non fanno solo i muscoli ma anche ormoni, recettori, enzimi, citochine, immunoglobuline, molecole di trasporto e tanto altro, pertanto non rigenerare queste sostanze è deleterio per l’intero organismo che per difendersi rallenta tutto il metabolismo, fino ad arrivare all’infortunio per fermare l’atleta ostinato.  L’assunzione giornaliera di proteine è di 1gr per kg di peso corporeo per le persone sedentarie, per gli sportivi si arriva anche a 2 se gli allenamenti sono intensi e prolungati tipici dei professionisti. Quindi una persona di 70kg dovrebbe prendere dai 70gr per il sedentario fino ai 140gr per l’atleta evoluto. Sembra facile ma non lo è affatto, facciamo qualche esempio di alimentazione media. Colazione latte e biscotti (3-4gr circa), pranzo con pasta con le verdure e bistecca (gr 23 circa), cena con pesce e verdure cotte (20gr circa), pur essendo una dieta abbastanza completa e varia arriviamo a 50gr esagerando per eccesso. Questo fa capire come sia difficile arrivare alla quantità di proteine necessarie, credo anche che molti dei lettori non mangiano tutte queste proteine, fatevi un autoesame, se poi aggiungiamo tipi di diete prive di proteine come i vegetariani e vegani oppure andiamo dietro alla demonizzazione della carne, delle uova, del pesce, diventa ancora più difficile (regimi alimentari che rispetto ma che non condivido). E’ evidente che bisogna aumentare il cibo ingerito e se non è sufficiente integrare in qualche modo, se vogliamo un fisico magro e tonico ma che soprattutto sia sano e funzioni bene ed a lungo. Per questo motivo si sentono spesso atleti amatori e professionisti arrivare a dei periodi di stess fisico tale da doversi fermare, oppure avere sempre la sensazione di stanchezza e non avere più le forze per raggiungere certi obiettivi, in più si apre la strada all’overtraining fenomeno pericolosissimo che può essere anche irreversibile, del quale parleremo nell’area allenamenti.

lunedì 27 maggio 2013

ALLENAMENTI AD ALTA O BASSA INTENSITA’ PER DIMAGRIRE?


Per anni abbiamo letto e sentito che per perdere grasso bisogna allenarsi a bassa intensità, perché così si bruciano più grassi. In tutte le palestre si vedono anche tabelle e formule matematiche per calcolare in che modo allenarsi e quanto grasso si perde se ci si allena in questo modo.  Ancora oggi se chiediamo a chi si occupa di fitness ci dice che dobbiamo lavorare intorno al 60% del battito massimo, in genere siamo intorno ai 120 bpm(battiti per minuto). Questa teoria è corretta perché parte dal principio del tutto esatto che a questi regimi si consumano più grassi che zuccheri, ci si sente dire anche che gli zuccheri consumati si recuperano al primo pasto mentre i grassi consumati non si riprendono più, anche qui tutto esatto, in teoria. Pertanto chi fa una maratona a 120 bpm consuma le stesse calorie di chi si allena intensamente (160/180 bpm) anche se per meno tempo, però utilizzando il metabolismo aerobico il maratoneta consuma più grassi.
                Partendo dal presupposto che bisogna adeguare e personalizzare l’allenamento per ognuno e che quello che ho scritto sopra è scientificamente corretto, voglio fare alcune domande provocatorie per poi spiegare meglio quello che scriverò dopo. 
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       Come mai tutte le persone che si allenano sempre nello stesso modo stando attenti a fare allenamenti solo aerobici dopo una prima fase di miglioramento (quasi sempre dovuto alla perdita di un po’ di grasso ma soprattutto di liquidi) non migliora più, quanti di voi vedono persone correre tutti i giorni piano e non dimagriscono mai?




  



     Perché gli atleti che si allenano per il  90/95% con bpm di gran lunga più alti sono magri e tonici?




La risposta a queste domande è stata data da alcuni studi del 2003. Hanno scoperto l’utilizzo che fa il corpo delle proteine UCP (per fare scena si chiamano anche uncopling proteins proteine disaccoppianti, cit. Noland 2003). Il compito di queste proteine nel muscolo è quello di aumentare lo spreco energetico sotto forma di calore, svuotando tutte le cellule adipose superflue.  Queste proteine sono il braccio armato degli ormoni tiroidei, hanno lo scopo di aumentare i consumi energetici attraverso il disaccoppiamento degli alimenti ingeriti trasformandoli in ATP. Attivare le proteine UCP attraverso l’attività fisica è pertanto consigliato a tutti quei soggetti che hanno problemi di ipotiroidismo o addirittura siano stati privati della stessa per via chirurgica. Ma tornando a noi lo stesso studio evidenzia che l’attivazione delle UCP si ha con
esercizio prolungato ad alta intensità. Quindi non con un allenamento intenso ma breve, tipico dei lavori con le macchine in palestra e nemmeno con un lavoro prolungato ma blando come chi corre piano, come sopra ho usato ad esempio. Bisogna eseguire lavori prolungati e intensi, magari abbinando fasi diverse tipo circuiti o corse medie a velocità sostenuta, questo aspetto scientifico risponde alle due domande pratiche che in genere tutti si fanno, in più da una risposta definitiva, almeno per il momento, alla domanda del titolo. Intendiamoci  correre o pedalare piano è un ottimo sistema per dimagrire, in particolar modo per chi non è in grado di svolgere altra attività per diverse patologie, obesità , problemi cardiovascolari, traumi particolari.
Per tutti quelli che possono è consigliabile inserire sempre lavori intensi come variazioni di ritmo, salite, circuiti con pesi, questo favorisce ed accelera la fase di dimagrimento causato dall’attivazione delle proteine disaccoppianti, favorendo la  perdita di tessuto adiposo e migliorando la massa magra, trasformandoci in veri atleti, magri e tonici.
Volendo ricapitolare con esempi pratici diciamo che con lavori prolungati ed intensi  consumiamo meno grasso durante l’allenamento, ma consumiamo 10 volte più grasso tra un allenamento e l’altro per effetto dell’utilizzo delle proteine disaccoppianti.  Diamo dei numeri per meglio spiegare, supponiamo di allenarci per un ora in modo blando, consumeremmo mediamente 600kcal, utilizzando il metabolismo aerobico bruceremmo il 50% di zuccheri e 50% di grassi, cioè 300kcal di grasso, la nostra attivazione metabolica terminerà dopo una o due ore circa. Se utilizzassimo la stessa ora ad alta intensità bruceremmo 800kcal circa ma tutti di zuccheri, quindi non bruceremmo  grasso in quell’ora, però la nostra attivazione metabolica durerebbe  anche  10/15 ore dopo l’allenamento, funzionando durante la giornata in momenti in cui facciamo attività sicuramente blanda come lavorare, vedere la tv, pertanto consumeremmo una quantità di grasso dieci volte superiore ai 300kcal descritti prima. Voglio far riflettere chi è abituato a fare lavori intensi,  gli effetti di quello che ho appena descritto si hanno dopo la doccia quando continuamo a sudare perché accaldati, e quando sentiamo quella strana sensazione di fermento all’interno del corpo anche dopo ore dalla fine dell’allenamento anche con respirazione intensa, oppure quando sentiamo quella bella sensazione di bruciore dei polmoni affaticati.
Bisogna dire comunque che tutto questo è valido e funziona ma abbiamo decritto solo il 50% della fase, l’altro 50% coinvolge l’alimentazione ed i segnali che diamo al cervello con la stessa. I concetti di normoproteicità e normocaloricità sono alla base di tutto, questi concetti li descriverò in altra sede perché molto importanti ed hanno bisogno di essere sviluppati per bene.

                Spero di essere stato chiaro e utile, per qualsiasi chiarimento e dubbio contattatemi o lasciate un commento.

DIMAGRIRE: MA COSA SIGNIFICA?


Tutti parlano ormai di dimagrimento, ma cosa significa veramente. L’opinione comune è quella legata alle indicazioni della bilancia. Pesavo 70 ora peso 67 ed ho perso 3 chili. Detta così è tutto giusto, però potrebbe avere un significato non corretto nella pratica. Il dimagrimento potrebbe essere dovuto alla sola disidratazione e/o perdita di massa magra senza intaccare la massa grassa, in questo modo non abbiamo raggiunto il significato che desideravamo anzi abbiamo posto le basi per riprendere ad ingrassare di nuovo e di più di prima. In questo modo non si raggiunge ne il miglioramento estetico perché il fisico senza massa magra non ha un aspetto tonico,  nemmeno un miglioramento della salute perché la massa grassa è rimasta sempre la stessa. Questo fenomeno sembra essere un caso limite invece è la norma soprattutto in quei casi in cui si fanno diete ipocaloriche o si seguono delle mode dopo aver letto un articolo grossolano su una rivista di gossip, il fai da te insomma. Infatti sono quei casi in cui le persone iniziano a non mangiare per qualche mese in primavere per poter fare una prova costume decente, ma già ai primi di Luglio iniziano nuovamente ad ingrassare perché non riescono a portare avanti un regime alimentare così restrittivo, e si sente dire “vabbè ormai l’estate sta finendo ma da settembre…”, poi arriva novembre e iniziano le brutte giornate e si rimanda, poi arriva dicembre e iniziano le feste, “vabbè dopo le feste inizio la dieta…..”, poi arriva subito la primavere e si ricomincia la giostra, recando un danno irreversibile alla propria salute che è l’effetto yo-yo dove ad ogni giro si parte da qualche kg in più, “sai è anche l’età….”. Scuse, la verità è che non si è mai fatto un vero cambiamento di stile di vita, orientato al benessere ed al vero dimagrimento.

Dimagrire significa perdere solo massa grassa preservando la massa magra e l’idratazione, esattamente il contrario di quello che comunemente si fa, magari se si aggiunge un po’ di attività fisica la massa magra aumenta, così si ha un aspetto fisico migliore, un fisico magro e tonico, ma soprattutto si creano le basi per il miglioramento della propria salute combattendo tutte quelle patologie legate al sovrappeso che ormai sono le più diffuse e pericolose, diabete, ipertensione, tumori, etc. Pertanto avvolte il peso della bilancia dice che non si è dimagriti per niente, oppure di pochissimo, eppure riusciamo a metterci i vestiti di qualche anno fa, “mi rientranoi i jean di 5 anni fa”, come mai?

Il modo migliore per fare tutto ciò può sembrare strano ma è quello di mangiare di più. Si dico bene non ho sbagliato, mangiare di più, negli articoli sulla metodologia degli allenamenti per dimagrire spiego meglio da un punto di vista scientifico cosa intendo dire. E’ ovvio che bisogna selezionare bene ciò che si mangia e come si mangia, ma vi assicuro che la quantità aumenta, pertanto se si mangia di più si perde grasso e diventiamo più belli e sani perché dovremmo smettere di seguire questo nuovo stile di vita?